La porosità e l’analisi fisico-chimica del terreno

In questo numero di “Guide verdi” continueremo a descrivervi alcuni degli aspetti del terreno che possono interessare noi giardinieri e gli amanti del verde.
Porosità del terreno
Per capire di cosa stiamo parlando provate a immaginare che, tra le particelle minerali che compongono un terreno, esistano dei pori (spazi vuoti). La porosità viene definita come il volume totale di tali interstizi, rispetto al volume totale di un dato terreno. Il volume totale dei pori viene occupato da aria e acqua. Dal diametro dei pori si distingue la porosità del terreno in:
1. Macroporosità. I pori hanno un diametro (relativamente) grande che non consente la ritenzione dell’acqua. In questo caso sia l’aria che l’acqua circolano liberamente. L’acqua percola molto in fretta, mentre l’aria rimane nei pori. Per questo motivo la macroporosità è la quantità d’aria potenziale che si trova nel terreno. Ad esempio, i suoli a forte prevalenza di sabbia o scheletro hanno una macroporosità accentuata.
2. Microporosità. I pori hanno un diametro piccolo e, di conseguenza, trattengono l’acqua contrastando la legge di gravità. Ciò è possibile grazie al fenomeno della capillarità. Per rendersi conto empiricamente di come funziona la capillarità, basta immergere in un bicchiere pieno d’acqua, una striscia di carta assorbente; constaterete con i vostri occhi che l’acqua risale verso l’alto, tramite i micropori della carta. In definitiva, la microporosità rappresenta la capacità del terreno di immagazzinare una riserva idrica. I suoli argillosi e limosi, noti per la loro elevata capacità di trattenere acqua, hanno un’accentuata microporosità.
I terreni franchi di cui vi abbiamo parlato nel numero precedente di “Guide verdi” sono, ovviamente, i suoli in cui sussistono condizioni ottimali di umidità e areazione, per cui il 50% dei pori è occupato da acqua (microporosità) e, il restante 50 % da aria (macroporosità).
ANALISI DELLE QUALITA’ FISICO-CHIMICHE DEL TERRENO IN LABORATORIO
L’acquisizione di una conoscenza più approfondita del terreno, ci guiderà successivamente nelle nostre scelte agronomiche (“quali piante possiamo mettere a dimora?”, “quali no?” , “possiamo correggere il suolo?”, tanto per fare degli esempi..), oltre che nei piani di concimazione. Per essere sicuri del risultato, dovremo mandare un campione di terreno in laboratorio, che ci fornirà utili indicazioni sulle sue caratteristiche fisiche e chimiche ( tra queste ultime, le più importanti sono la quantità di sostanza organica, azoto presente e fosforo assimilabile, il pH del terreno). Ricercate via Internet, il laboratorio più vicino a casa vostra. Esistono delle regole da rispettare per un esatto campionamento:
1. Bisogna effettuare il campionamento alcuni mesi dopo l’ultima concimazione. Anche dopo eventuali lavorazioni del terreno (aratura, fresatura,etc.) aspettate un po’, in modo che il suolo si stabilizzi.
2. Non prelevate campioni dai bordi dell’appezzamento e dalle zone “anomale” per aspetto (colore, pietrosità, tessitura,etc).
3. Per ogni 1000 mq, prelevate un subcampione di terra. Per superfici maggiori, prelevate altri subcampioni e poi mescolate. Eliminate i sassi più grossi.
4. Prelevate il campione con una vanga o con una sonda pedologica, in punti casuali dell’appezzamento. Evitate di raccogliere i primi 3-5 cm di terreno. Il campione da mandare in laboratorio, dovrà pesare 1-2 Kg.
Analisi empirica delle qualità fisico-chimiche del terreno
In realtà, le analisi di laboratori potrebbero tornarci utili per superfici di terra molto estesa o nel caso in cui vogliamo essere assolutamente certi del risultato. Normalmente, è sufficiente basarsi su alcune osservazioni di natura empirica. Toccando e manipolando il terreno, presteremo attenzione alle sensazioni tattili che esso ci suggerisce. Per quanto riguarda il pH del terreno, un ottimo indicatore possono essere le piante eventualmente presenti nel giardino. Ad esempio, se una pianta acidofila, come la camelia, è sofferente, può darsi che il terreno sia basico e quindi inadatto ad ospitarla. Nei prossimi numeri di “Guide verdi” vi spiegheremo come può modificare il pH del terreno. Naturalmente dovrete anche verificare che la vera causa della sofferenza della camelia sia il terreno. Magari potrebbe essere esposta ad un’insolazione eccessiva.. Esistono, inoltre, in commercio dei misuratori di pH ( o phammetri). Si trovano con facilità nei migliori garden center e in alcuni grandi centri commerciali. Potreste acquistare anche un kit completo per le analisi chimico-fisiche del terreno fai da te. Per analisi meno complesse, le cartine tornasole sono più che sufficienti. Sempre osservando lo stato di salute delle piante, si può dedurre una eventuale carenza di macroelementi (Azoto, Fosforo, Potassio). La vostra rosa preferita quest’anno ha prodotto pochi e striminziti fiori? E’ probabile che il fenomeno derivi proprio da una carenza di potassio, macrolemento responsabile della fioritura e della fruttificazione delle piante. Quanto appena detto è ovviamente una semplificazione. Spesso le piante si ammalano per una serie di concause, in cui non sempre è facile comprendere quale sia la causa primaria. La qualità di tutte queste osservazioni dipende, ovviamente, dalla vostro grado di preparazione. Ma torniamo all’analisi fisica del terreno, operata per via empirica. Innanzitutto eventali ristagni idrici, possono suggerirci una forte presenza di argilla. Se, al contrario, dopo un’abbondante pioggia, non ci sono pozze d’acqua superficiali, allora il terreno è composto da una quantità significativa di sabbia. Per una analisi maggiormente approfondita, dovremo comunque toccare con mano il terreno e compiere alcune operazioni preliminari. Prima di tutto, prelevate un piccolo campione di terra e bagnatelo. Lavoratelo con le dita fino a ottenere una pasta omogenea. Cercate di modellarlo a cilindretto e lavoratelo fino a quando non si sarà asciugato. Quali sensazioni percepite principalmente?
1. Sabbia. La sensazione prevalente è il “graffiare” (sabbia grossa) lo “smeriglio” (sabbia fine) e le dita restano pulite. Il terreno è sabbioso. Se , oltre al graffiare, percepiamo anche le altre sensazioni (adesività, plasticità) il terreno contiene porzioni più o meno significative di altre particelle minerali.
2. Limo. Il cilindretto si asciuga rapidamente, non aderisce alle dita, si stacca facilmente e ci fornisce una sensazione prevalente di “saponosità” e di “talco”; il terreno è limoso. Anche in questo caso potremmo percepire il graffiare (sabbia) e/o l’adesività (argilla).
3. Argilla. Percepiamo una grande “adesività” e “plasticità“. Inoltre il campione asciuga molto lentamente e riusciamo a staccarla con difficoltà dalle dita. Il terreno è argilloso. Sentiamo anche il “graffiare” e/o la “saponosità”? Nel suolo sono allora presenti porzioni più o meno significative di sabbia e/o limo.
Con terreni in cui uno dei tre elementi minerali è prevalenti, sarà ovviamente difficile percepire tutte e tre le sensazioni. Al contrario, i terreni franchi forniscono le tre sensazioni (graffiare, saponosità, adesività) contemporaneamente. La sensazione prevalente, ci suggerirà se il terreno è “franco sabbioso , “franco limoso”, “franco argilloso”.