venerdì, Dicembre 8, 2023
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Coltivazione della cannabis indoor

Quando si parla di coltivazione della cannabis, si inquadra un ambito sempre più popolare tra persone di tutte le età. Oggi come oggi, infatti, viviamo in un contesto caratterizzato da un alto livello di stress, che ci richiede dei ritmi non sostenibili da tutti e ci porta ad affrontare un ambiente molto inquinato a partire da quello che mangiamo. Questo ci porta a una ricerca di evasione che passa sia dalla creazione di un orto domestico, sia dalla coltivazione di una pianta che, grazie ai suoi metaboliti, permette di tenere sotto controllo lo stress.

Grazie alla legge 242/2016, coltivare cannabis indoor è molto più semplice, soprattutto se contiene meno dello 0,5% di THC, principio attivo psicoattivo per eccellenza. Negli ultimi anni si parla tanto anche di CBD. Detto anche cannabidiolo, è il principio attivo che, a differenza del THC, si contraddistingue per la mancanza di effetti psicoattivi. Le sue peculiarità non si limitano a questo aspetto. Il CBD, infatti, è un ottimo antidolorifico. Viene utilizzato, anche come componente di farmaci, per la terapia del dolore. Utile contro le convulsioni, rappresenta un punto di riferimento molto valido per chi vuole combattere l’ansia senza effetti collaterali.

Nel corso degli ultimi decenni, sono stati effettuati numerosi studi che hanno indagato l’influenza del CBD su alcune patologie, come per esempio il Parkinson. Tutto questo testimonia un cambiamento di approccio alla cannabis, che viene vista sia come una soluzione ricreativa e un motivo di evasione dalla vita quotidiana, ma anche come una frontiera da tenere d’occhio per quanto riguarda la risoluzione di diverse patologie.

Anche sull’onda delle proprietà del CBD, si è diffusa tantissimo la coltivazione indoor di cannabis, un’attività alla portata di tutti. Come vedremo, anche chi è alle prime armi può avere delle ottime soddisfazioni da questo punto di vista.

Prima di iniziare a coltivare, però, bisogna prendere in considerazione alcuni aspetti. Innanzitutto, è il caso di ricordare che, al giorno d’oggi, è possibile accedere a kit a prezzi anche molto contenuti. Non sempre la qualità brilla per eccellenza, ma con una ricerca veloce è possibile chiarirsi le idee e trovare il fornitore giusto.

Una volta individuato, è fondamentale essere con lui molto chiari e dirgli prima di tutto quale ambiente della casa si ha intenzione di adibire alla coltivazione. Sulla base di questi dati, il professionista fornirà i riferimenti migliori per quanto riguarda l’illuminazione, ma anche dal punto di vista della scelta dei vasi, dell’aspiratore d’aria e dell’igrometro per il controllo della temperatura.

Se vuoi sapere qualcosa di più su tutto questo, seguici nelle prossime righe e scopri i consigli che abbiamo selezionato per te.

Scelta dei semi

Eccoci a parlare del primo passo per la coltivazione della cannabis. Ricordiamo che, per quel che concerne la scelta dei semi, si hanno a disposizione davvero tantissime alternative.

Si va dalla cannabis Indica, a quella sativa. alla cannabis ruderalis, fino agli ibridi. Questi ultimi, possono essere mix tra Indica e sativa. In tutti i casi, la qualità è molto alta. Un consiglio utile per i principianti consiste nel concentrarsi sulla Indica. Le soddisfazioni, infatti, sono maggiori. La cannabis sativa, comunque molto popolare, è infatti leggermente imprevedibile. Durante la crescita, infatti, può arrivare a triplicare la sua dimensione.

L’Indica, invece, arriva al massimo a raddoppiare la propria dimensioni nel corso del processi di fioritura. In generale, risulta molto più facile da trattare. Non richiede mediamente particolari sforzi o impegni economici per i rifornimenti.

Gli esperti, quando danno consigli a chi è alle prime armi nella coltivazione della cannabis, se sentono persone che scelgono come location per le piante uno spazio come un armadio, consigliano di orientarsi verso la varietà Indica, soprattutto se il numero di piante è contenuto.

La Sativa è comunque ottima, ma magari non adatta a chi è alle prime armi con la coltivazione di cannabis.

Tutto questo, al giorno d’oggi, è a disposizione grazie a un semplice click. Non dimentichiamo infatti – e se sei qui dovresti saperlo – che il web è un vero e proprio paradiso per gli appassionati di cannabis che vogliono iniziare una coltivazione casalinga.

Per fare la scelta giusta bisogna innanzitutto considerare il proprio gusto personale, ma anche le condizioni di coltivazione. Mettiamo il caso che si scelga di dedicare alla coltivazione della cannabis un armadio.

In questo caso le varietà autofiorenti, delle quali parleremo meglio dopo, rappresentano la soluzione migliore da abbracciare.

Cosa serve alla cannabis per crescere: terra e aspiratore

Superato lo step della scelta dei semi, bisogna capire cosa serve alla cannabis per crescere bene. Fondamentale prima di tutto è la luce. Per una crescita vegetativa ottimale, sono necessarie 12 ore di luce e altrettante di buio. Non è necessario seguire il ritmo del giorno e della notte. Basta tenere conto di questa indicazione e aiutarsi con un timer.

Molto importante è anche il terreno. Esistono i terreni neutri, che hanno un rapporto di dipendenza totale dai nutrienti, ma anche le coltivazioni aeroponiche e idroponiche, che si contraddistinguono per essere completamente prive di terreno. Chi vuole rimanere sull’alternativa della terra, deve fare molta attenzione. Quando si inizia a coltivare la cannabis, si può pensare di poter fare riferimento ai grandi sacchi di terra in vendita presso molti centri di giardinaggio. Vanno benissimo, non ci piove, ma ai principianti possono causare dei problemi non indifferenti.

La terra, molto spesso, contiene pochi nutrienti e non è sufficientemente aerata. L’aerazione rappresenta un fattore fondamentale per la crescita ottimale delle radici della pianta di cannabis.

Risolvere il problema in caso di aerazione non sufficiente è possibile? Assolutamente sì! Un trucco molto utile al proposito consiste nell’aggiungere al terriccio delle piccole pietre leggere e di colore bianco, le cosiddette perlite. Nei grow shop, però, è possibile acquistare del terriccio apposito per la coltivazione della cannabis bypassando la ricerca delle perlite.

Le miscele di terra acquistabili presso i grow shop sono caratterizzate da un’ottima qualità dei nutrienti, tutti necessari per il ciclo di crescita. Il terreno è perfettamente aerato, in quanto le suddette miscele sono caratterizzate dalla presenza delle perlite. Il budget iniziale può essere un po’ oneroso, ma la qualità finale premierà dal punto di vista della soddisfazione!

Fondamentale è citare anche l’aria. Per crescere al meglio, la cannabis necessita infatti di un continuo riciclo di aria fresca. All’aperto il problema non sussiste. Quando si parla di coltivazione indoor il discorso è diverso e le piante hanno bisogno di un aspiratore di adeguata portata.

Essenziale in questa fase è fare in modo che nell’ambiente di coltivazione non proliferino muffe potenzialmente in grado di inficiare la crescita delle piante di cannabis.

Apriamo ora la parentesi dell’acqua. Le piante di cannabis coltivate indoor sono esseri viventi e, per questo motivo, hanno bisogno d’acqua. Nel caso specifico della coltivazione indoor, l’apporto idrico rappresenta la principale fonte di sostanze nutritive.

Essenziale è evitare acque troppo acide o troppo dure. Per questo motivo, quando si decide di iniziare a coltivare cannabis a casa, è fondamentale acquistare un tester, così come un correttore di acidità.

Per quel che concerne la temperatura, invece, ricordiamo che la cannabis è una pianta molto resistente. Riesce infatti a sopravvivere a temperatura anche molto estreme.

Chi vuole coltivarla al chiuso e trovare un giusto equilibrio, può prendere in considerazione l’utilizzo di ventole, ma anche di tappetini riscaldanti o raffreddanti.

Concludiamo facendo un cenno alle sostanze nutritive. A tal proposito, ricordiamo che un buon mix tra compost, vitamine e minerali è in grado di fornire alle piante un punto di partenza di sufficiente qualità per la coltivazione.

Quali luci scegliere per la coltivazione di cannabis indoor?

Come già detto, la legalizzazione della cannabis light ha portato a una proliferazione degli accessori per la coltivazione indoor. In questo novero, è possibile includere le luci.

Ci sono scelte per ogni budget! L’elenco comprende le luci a LED, punto di riferimento molto importante quando si tratta di risparmio energetico sul lungo termine.

Molto efficaci possono rivelarsi anche le lampade HPS. Il consumo è maggiore ma, nel corso del tempo, è possibile apprezzare una migliore resa luminosa, senza dubbio più funzionale ai fini della coltivazione della cannabis indoor.

Giusto per dare qualche numero, ricordiamo che, con una lampadina HPS da 1000W, è possibile illuminare uno spazio da 1,5 x 1,5 metri, volumetria ideale di un armadio da adibire alla coltivazione della cannabis indoor.

Cosa sapere sulla germinazione delle piante di cannabis

Quando si parla di coltivazione della cannabis indoor, è fondamentale prendere in considerazione tutto quello che riguarda la germinazione dei semi. Partiamo ricordando che ogni singolo seme contiene tutte le informazioni necessaria alla formazione di una specifica varietà di cannabis.

Perché si arrivi a un risultato, però, è necessario che il seme sia messo nelle migliori condizioni possibili.

Le condizioni necessarie sono le seguenti:

  • Acqua

  • Temperatura corretta

  • Posizionamento ottimale

Per arrivare alla germinazione, si possono posizionare i semi direttamente nel terreno. In questo modo, è possibile evitare qualsiasi stress da trapianto. In alcuni casi, è possibile far germogliare i semi in un vaso piccolo e successivamente trasferiti in uno più grande.

Un’altra alternativa consiste nell’immergere i semi in acqua arricchita con enzimi. Si prosegue con questo approccio fino a quando non si vede spuntare la radice a fittone.

A questo punto, è il momento di trasferire le piantine nel terreno. Queste ultime cresceranno in fretta e dopo una settimana circa spunteranno.

Coltivazione di cannabis: cosa sapere sulla fase vegetativa

Un aspetto altrettanto importante della coltivazione indoor della cannabis riguarda la cura della fase vegetativa. La prima cosa da dire al proposito è che, nel momento in cui le foglie della pianta incontrano la luce, inizia la fotosintesi clorofilliana vera e propria e con essa la fase vegetativa.

Nel caso specifico della coltivazione indoor, per curare nel migliore dei modi la fase vegetativa è necessario impostare il regime di luce considerando questo schema:

  • 18 ore di luce

  • 6 ore di buio

Ribadiamo un’altra volta che non è assolutamente necessario seguire il ritmo del giorno e della notte. Se si attivano le apparecchiature luminose nelle ore di punta, è possibile anche concretizzae un notevole risparmio economico.

Per ottimizzare la fase vegetativa della cannabis sono essenziali anche le giuste sostanze nutritive. Un altro aspetto essenziale riguarda la ventilazione forzata e il mantenimento delle temperature.

Non ci sono tempistiche definite per quel che concerne la durata della fase vegetativa della cannabis. Tutto dipende dal desiderio del singolo coltivatore. C’è infatti chi desidera tante piccole piante che riempiano gli spazi e chi, invece, preferisce piante più grandi.

Come gestire la fase di fioritura

A questo punto, è arrivato il momento di parlare della fioritura. Si tratta dell’ultimo step di crescita delle piante di cannabis. Per il coltivatore scafato è molto emozionante. Non è tanto diverso per chi è alle prime armi e riesce comunque ad apprezzare il florilegio di aromi.

Chi coltiva cannabis al chiuso, per controllare l’inizio della fase di fioritura può cambiare la gestione dell’illuminazione, impostando un fotoperiodo – lasso di tempo in cui la pianta è esposta alla luce – di 12 ore.

A seconda della specie, la cannabis coltivata in ambienti domestici può reagire in un determinato modo e

  • Proseguire con la fase vegetativa

  • Dare inizio alla fioritura

Fondamentale a tal proposito è ricordare che esistono due tipologie di piante di cannabis.

  • Piante APD, ossia piante fotoperiodiche che seguono le variazioni di un ormone fotosensibile alla luce e proseguono con la fase vegetativa. Quando il succitato ormone è attivo, viene inibita la fioritura della pianta.

  • Varietà autofiorenti, caso in cui l’ormone precedentemente citato è legato all’età della pianta. Una volta raggiunta una determinata età, la pianta di cannabis interrompe la produzione dell’ormone e comincia a fiorire. Questo accade indipendentemente dal fotoperiodo. I primi segnali in merito si possono vedere già dopo un paio di settimane dalla differenziazione. Per gestire al meglio le varietà autofiorenti, è consigliabile gestire la luce considerando un punto di partenza pari a 5 ore di illuminazione al giorno. Questo punto di riferimento è ottimo per tale varietà di cannabis. Se si ha intenzione di ottenere risultati decisivi, bisogna aumentare le tempistiche arrivando a 18 ore di illuminazione al giorno.

La principale differenza tra queste due varietà di cannabis riguarda il loro orologio biologico. Nel caso di quelle autofiorenti, inizia a farsi sentire già dai momenti in cui si apre il seme. Molto importante è ricordare anche che, a differenza di quanto accade con la cannabis fotoperiodica, nel caso della autofiorente non è necessario mettere in campo il ciclo luce/buio 12 ore – 12 ore per passare alla fioritura.

Le varietà di cannabis autofiorenti, come dice la parola stessa, sono in grado di passare alla suddetta fase senza bisogno di particolare impegno da parte del coltivatore per quanto riguarda la gestione delle ore di esposizione alla luce. Nonostante questo, non ci sono ancora gli strumenti adatti per dare dei tempi definiti per quel che concerne la fase vegetativa delle varietà autofiorenti di cannabis. La maggior parte delle piante, avvia la fase di fioritura dopo 30 giorni dalla germinazione.

La fase di fioritura, a sua volta, può essere divisa in ulteriori sotto fasi. Iniziamo a capire quali sono parlando della differenziazione. Si tratta di una sotto fase che si palesa all’inizio della fase di fioritura, quando il coltivatore nota un cambiamento riguardante lo sviluppo della pianta.

I rami, infatti, iniziano a crescere seguendo un percorso a zig zag. La distanza tra i nodi, inoltre, diminuisce palesemente. Dopo la differenziazione arriva la fioritura vera e propria. A tal proposito, ricordiamo che i fiori seguono più o meno le stesse fasi di sviluppo in tutte le specie. L’unica differenza è dettata dalle tempistiche. Come già detto, la fioritura arriva poco dopo la differenziazione. Fanno la loro comparsa i calici tra gli internodi e la resina si forma sui pistilli.

Man mano che passano le settimane, si formano le cime e i tricomi che, nel corso del tempo, diventano carichi di resina.

Cosa succede dopo la fioritura

Dopo la fase della fioritura, la pianta di cannabis entra in una fase in cui “ignora” i nutrienti. Per questo motivo, è necessario innaffiarla con acqua pura. Questa fase è molto importante, in quanto permette di ottimizzare il sapore delle gemme, eliminando eventuali retrogusti.

A questo punto, ti starai chiedendo quando ci si accorge se la cannabis è matura per essere raccolta. Il principale segnale riguarda il passaggio dei fiori da un colore simile a quello del latte a una cromia che ricorda molto il color ambra.

Ci sono tuttavia degli altri aspetti da controllare, come per esempio la percentuale di tricomi color ambra. Se si ha intenzione di ottenere una cannabis particolarmente ricca di THC, è necessario raccogliere quando il 20/30% dei tricomi è caratterizzato da questo colore.

Essenziale comunque è utilizzare la fantasia. Ci sono approcci diversi da questo punto di vista. C’è chi rimuove tutte le foglie mentre la pianta è ancora in piedi per spezzarla successivamente e chi, invece, rimuove solo le foglie più grandi.

L’unica regola universale riguarda la cura che si deve osservare quando si maneggiano le piante. Il coltivatore, infatti, deve evitare il più possibile di rovinare i tricomi.

Cosa fare dopo la raccolta

Dopo la raccolta della cannabis, arriva il momento di essiccare le gemme. Il luogo da adibire a questo scopo deve essere fresco, asciutto e pulito, possibilmente con poca umidità.

Il processo in questione deve essere portato avanti per circa due settimane, proseguendo oltre questo lasso di tempo se lo si ritiene necessario.

Il coltivatore deve anche controllare spesso le gemme, onde evitare che si essicchino o che prendano troppa muffa. Per quanto riguarda i rami, quando sono secchi, si può notare il fatto che si spezzano con facilità.

Quando si arriva a questo punto, la clorofilla si è degradata e il colore verde è stato sostituito da altre cromie. Queste cambiano a seconda della specie e possono andare dal giallo chiaro, al marrone chiaro fino al verde pallido.

La conservazione delle gemme

Riveste una grande importanza anche la conservazione delle gemme di cannabis. Come regolarsi a tal proposito? Il primo passo consiste nell’inserirle in un barattolo caratterizzato dalla presenza di una chiusura ermetica. Essenziale è anche evitare di riempirlo in maniera eccessiva.

Una volta al giorno e per circa due settimane, è opportuno aprire il coperchio per qualche minuto in modo da far respirare le gemme. Questa fase è fondamentale, in quanto permette anche di rilasciare l’umidità in eccesso, potenzialmente in grado di provocare della muffa sulle gemme.

Quando queste ultime risultano secche al tatto, si può cominciare ad arieggiare il barattolo una singola volta a settimana.

Tempistiche del trattamento della cannabis

Non esistono linee guida specifiche da seguire quando si parla delle tempistiche di trattamento della cannabis. Si può infatti procedere per tutto il tempo che si ritiene necessario.

Il trattamento adeguato è fondamentale in quanto i componenti psicotropi in questi casi perdono una molecola d’acqua e diventano ancora più efficaci.

Per raggiungere questi risultati, sono necessarie almeno 6 settimane di trattamento continuativo. Chi vuole il massimo per quel che concerne gli effetti psicoattivi, dovrebbe tenere le gemme in un luogo buio, asciutto e pulito. Se esposto alla luce, il THC si scompone in altri metaboliti la cannabis perde quell’effetto che la rende particolarmente apprezzata da chi cerca momenti di piacevole evasione dalla vita quotidiana.

Se non si è sufficientemente sicuri in merito alla secchezza delle gemme, è fondamentale, una volta completato il raccolto, tenere un campione da utilizzare per i progetti di coltivazione future.

Detto questo, non rimane che godersi la propria cannabis, apprezzandone sia il potenziale ricreativo, sia la soddisfazione frutto di un processo di coltivazione concluso nel migliore dei modi.

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